Mario Peliti
Mario Peliti, architetto di formazione, è editore e gallerista. Nel 1986 ha fondato Peliti Associati, inizialmente studio di progettazione grafica, poi casa editrice, e dal 2000 anche agenzia di relazioni pubbliche. Ha diretto dal 1995 al 2002 la Galleria Minima Peliti Associati, dedicata alla fotografia d’autore, all’interno di Palazzo Borghese a Roma. Nell’arco di sette anni ha proposto quarantatré mostre, presentando tra le altre opere di Sebastião Salgado, Gianni Berengo Gardin, Gabriele Basilico, Mario Giacomelli, Mary Ellen Mark, Bert Stern. Ha ideato il concorso internazionale “European Publishers Award for Photography” (1994-2015), finalizzato alla promozione di autori emergenti. Nel 2006 avvia, in qualità di autore, la ricognizione fotografica totale di Venezia. Nel 2013 insieme a Paola Stacchini Cavazza ha aperto la Galleria del Cembalo. Nel 2021 Palazzo Grassi dedica la mostra HYPERVENEZIA alle sue fotografie sulla città realizzate in quindici anni. Tra le altre occasioni di presentazione del suo lavoro si ricordano la mostra Esterni con figure, alla Galleria A.A.M. di Roma nel 1994 e le pubblicazioni Carte di Viale Europa, Roma 1975, Da Sant’Elena a San Marco passando per San Zaccaria, Roma 1987. Vive e lavora tra Roma e Venezia.
MOTIVAZIONI
Il Premio Hemingway per il fotolibro, è assegnato a Mario Peliti, editore e fotografo italiano, per “HYPERVENEZIA”, nelle Edizioni Marsilio anche in veste di catalogo della recente omonima mostra internazionale a Palazzo Grassi, storica sede espositiva veneziana, da alcuni anni sede della Fondation François Pinault. Un volume di 464 eleganti pagine fotografiche in bianco e nero, accoglie coerentemente le immagini realizzate da Mario Peliti secondo un inesausto itinerario fotografico nei sestieri della città, descrivendo topograficamente in sequenza, casa per casa, calle per calle, nel loro silenzio metafisico e nella totale assenza di persone, in un continuum di luce immutata, un accorato racconto che, al di là da intenti sociologici ed estetici (che comunque inevitabilmente emergono), esprime un pensiero concettuale e poetico sulla città che sembra abbandonata alla sua sublime, icastica esistenza. Un lavoro puntuale che ha visto impegnato il fotografo in questo progetto iconico per quasi dieci anni.